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OFFESE SUI SOCIAL NETWORK: DIFFAMAZIONE AGGRAVATA

Immagine del redattore: Avvocato Laura CrisantiAvvocato Laura Crisanti

La Corte di Cassazione è tornata ad occuparsi del reato di diffamazione a mezzo social network con la sentenza n. 3453/2023 confermando un orientamento, oramai consolidato, secondo cui l’offesa sulla bacheca Facebook configura il reato di diffamazione aggravata.

Alla base di questa posizione vi è il fatto che la bacheca social ha natura pubblica e la diffamazione è da ritenersi aggravata perché le offese pubblicate, in questo luogo virtuale, hanno la capacità di raggiungere un numero indeterminato di persone.

Nel caso di specie l’imputata era stata condannata in primo grado di giudizio e, successivamente, in appello per il reato di diffamazione aggravata, nel ricorrere in Cassazione l'imputata contestava la qualificazione del reato come diffamazione. Riteneva, infatti, la ricorrente che le frasi offensive dalla stessa rivolte alla destinataria essendo state pubblicate sulla pagina della persona offesa fossero dirette esclusivamente a quest'ultima, pertanto, riteneva che il comportamento configurasse la fattispecie di ingiuria (dal 2016 peraltro il reato di ingiuria è stato depenalizzato, anche se è ancora possibile ottenere un risarcimento attraverso una causa civile) e non diffamazione.

Il ricorso però è stato rigettato dalla Suprema Corte poiché per consolidata giurisprudenza "l'offesa diretta a una persona "distante" costituisce ingiuria solo quando la comunicazione offensiva avviene, esclusivamente, tra autore e destinatario."

Ne consegue che se le comunicazioni scritte o verbali sono indirizzate all'offeso e ad altre persone che però non sono presenti, come nel caso della presenza virtuale o da remoto, allora trattasi del reato di diffamazione.

Per la Cassazione è "proprio la natura, pacificamente, pubblica della bacheca ove le frasi sono state pubblicate permette di qualificare il fatto in termini di diffamazione aggravata ai sensi dell'art. 595, comma 3, cod. pen., poiché questa modalità di comunicazione ha potenzialmente la capacità di raggiungere un numero indeterminato di persone (non contestualmente presenti), perché attraverso questa 'piattaforma virtuale' gruppi di soggetti valorizzano il profilo del rapporto interpersonale allargato ad un numero indeterminato di aderenti al fine di una costante socializzazione."

Al riguardo persino la Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU)si è espressa, in più occasioni, sostenendo che quando la diffamazione si realizza a mezzo social network, ad essere violato è l'art. 8 della Convenzione che tutela la vita privata del singolo in cui deve intendersi ricompreso anche il diritto alla reputazione. Agli Stati membri, pertanto, il compito di procedere ad una valutazione continua del bilanciamento tra il diritto alla reputazione e alla libertà di manifestazione del pensiero.

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